“La Brexit al sugo di granchio”

Quando il “compagno” Ciano – ironicamente parlando – ridisegnò i confini della costa pisana per creare la provincia di Livorno, probabilmente non avrebbe mai immaginato che, un secolo dopo, la sua esistenza sarebbe stata messa in discussione dagli stessi eredi di quella storia.

Battute a parte, e premesso che Livorno storicamente ha mostrato scarsa sensibilità nei confronti delle problematiche di Piombino, analizziamo con oggettività e senza pregiudizi la proposta del sindaco di trasferire Piombino sotto la provincia di Grosseto.

La realtà è che questo cambiamento non porterebbe alcun beneficio concreto, né risolverebbe i problemi che si dice di voler affrontare.

Dal punto di vista portuale, l’autorità portuale – come più volte ribadito – non è una competenza provinciale. Le autorità portuali coprono aree più ampie delle province e, in Toscana, o meglio, nella zona del Tirreno Centro-Nord, ne esistono due: quella di Livorno e quella di Civitavecchia. Inoltre, lo sviluppo del porto di Piombino è ostacolato principalmente dalle scelte del governo e della Regione, tra cui l’installazione del rigassificatore e l’incertezza industriale.

A livello sanitario, Piombino fa parte di una vasta ASL che include quattro province: Livorno, Pisa, Lucca e Massa. Il passaggio alla ASL di Grosseto non migliorerebbe la situazione, poiché l’ASL sud-est copre un territorio enorme, da Arezzo a Grosseto. Il vero problema risiede nella riforma regionale delle ASL, che ha creato strutture amministrative inefficienti accorpando aree eterogenee.

Per quanto riguarda i trasporti pubblici, la gestione regionale dei servizi su gomma, affidata alla multinazionale francese RATP, ha accentrato le competenze a livello regionale, escludendo di fatto il ruolo delle province.

Infine, il ruolo delle province stesse è stato drasticamente ridimensionato. Con la riforma del Titolo V e la successiva riforma Delrio (2014, governo Renzi), le province hanno perso gran parte dei loro poteri, rimanendo responsabili principalmente della gestione dell’edilizia scolastica e della programmazione didattica, comunque sotto indirizzo regionale.

Alla luce di tutto ciò, la decisione del sindaco di rilanciare una discussione ormai anacronistica ha un obiettivo chiaro: spostare Piombino in una provincia, quella di Grosseto, ormai solidamente di centrodestra, nelle mani dell’alleato Vivarelli Colonna (se non lo conoscete, vi invito a cercarlo sui social). L’intento è quindi quello di favorire interessi di parte e ridistribuire le poche risorse ancora gestibili tra un consiglio provinciale e un altro, nonostante le province abbiano ormai poteri limitati.

Ecco perché, paradossalmente, questa proposta rappresenta davvero una sterile polemica su un “confine più burocratico che reale”, per riprendere le stesse parole del sindaco.

Rifondazione Comunista Circolo di Piombino