Dal campo alla tavola i prezzi crescono a tre cifre: le parole di un produttore

Dal campo alla tavola i prezzi crescono a tre cifre. Un esempio tra i più eclatanti è dato dalla pasta di semola di grano duro il cui prezzo nel 2023 è cresciuto al consumo dell’11% mentre contemporaneamente quello del nostro grano è precipitato del 40%. L’agricoltura è arrivata ad un punto di non ritorno.

La marginalità che resta al produttore non è sufficiente a compensare sacrifici e fatiche e tantomeno a dotarsi di manodopera, peraltro quasi irreperibile, in relazione ai costi di produzione che invece sono sempre più alti. Fabrizio Di Rado è proprietario dell’Opificio Birrario, birrificio agricolo a Lorenzana, e ha le idee molto chiare su questo argomento. “Questo è un sistema che ormai non regge più- dice– basti pensare ai cereali il cui prezzo di vendita non riesce a coprire i costi di produzione. Inoltre all’agricoltore viene imposto il prezzo del seme, del gasolio fino a quello di vendita del prodotto finito. Al produttore il finocchio costa 65 centesimi al chilo e poi lo ritroviamo in vendita nella grande distribuzione a 3-4 euro, c’è qualcosa che non torna”. Di Rado sottolinea come i produttori siano penalizzati anche perché spesso vengono messi in concorrenza tra loro, magari con prodotti provenienti dall’estero. Penalizzazione che riguarda anche l’ultimo anello della catena, ovvero il consumatore costretto a sopportare un carrello della spesa dal costo sempre più pesante.

Il settore ortofrutticolo è indubbiamente il più danneggiato. Personalmente- spiega– ho il vantaggio di evitare molti passaggi e mediatori costosi in quanto non compro fitofarmaci, seme, pochissimo concime e non vendo orzo o luppolo ma esclusivamente il prodotto finito, oltre a produrre orzo e malto direttamente in azienda. Tuttavia, i costi sono aumentati per tutti e se a questo aggiungiamo gli eventi climatici estremi degli ultimi tempi capiamo che la situazione per la categoria è piùgrave di quanto si pensi. Purtroppo se non stiamo attenti- chiosa Di Rado– la campagna rischia di diventare un luogo atto a produrre energia elettrica per l’industria e una discarica a cielo aperto. Non possiamo permetterlo!”. Un pericolo che lo Stato deve scongiurare.

Dobbiamo difendere il lavoro degli agricoltori- sottolinea Cinzia Pagni, presidente Cia Etruria– e al tempo stesso la qualità del cibo da portare sulle nostre tavole. Scarso reddito, carburante, costi di produzione, la nuova Pac, sono solo alcuni dei temi sui quali chiediamo venga posta attenzione da parte della politica, perché così è impossibile andare avanti”.

Sara Chiarei, addetto stampa Cia Etruria