Considerazioni su quanto letto in questi giorni

Prima si dà voce a persone che non hanno mai risieduto a Piombino, a cui seguono le lezioni sciorinate con sicurezza dai facilitatori locali e non sapendo al momento più cosa inventare si fa un’abbondante mezza pagina sulle preoccupazioni di un oste da sempre a favore del rigassificatore in quanto, secondo lui, la cosa doveva essere sottaciuta e accettata in silenzio. Varrebbe la pena chiedersi perché proprio in Liguria è proprio per non danneggiare il turismo, non vogliono il rigassificatore, restiamo in attesa di risposte. Ma prendendo spunto da quanto letto in quell’articolo odierno, che i ristoratori lavorano e poco per 30 giorni l’anno, forse occorrerebbe cercare di esaminare il problema diversamente e allora a tal fine chiediamo: dove sono finite le promesse nuove 1591 assunzioni? Magari questi avrebbero portato una ricaduta economica reale sul territorio e che il rigassificatore evidentemente non ha dato. Inoltre il rigassificatore ha accelerato la ripresa industriale? Ci sembra che le due cose viaggiano in modo indipendente, ignorandosi… o volendo essere più precisi, quel molo occupato da Snam impedisce il possibile sorgere di nuove attività lavorative. Insomma di domande agli amici del rigassificatore se ne potrebbero fare altre, ma sono troppo impegnati a glorificare il “bombolone” che non hanno tempo per darci serie risposte. Restiamo in attesa di leggere ulteriori lamentele e profezie di sciagure, ricordando però che la nostra unicità è cioè di aver in porto, quello che nessun’altra città vorrebbe.

Il danno di immagine a Piombino lo ha causato il Rigassificatore, non chi ad esso si è opposto.

Se accettiamo la logica per cui, di fronte a operazioni come questa, è meglio tacere per non mettere la città in cattiva luce, finiremo per accettare in silenzio qualunque cosa, comprese le discariche, i pannelli fotovoltaici a tappeto, le pale eoliche a Baratti.

Questo ci sembra il modo migliore per lasciare campo libero a chi vorrebbe trasformare davvero Piombino in una città a sovranità limitata, da sfruttare per operazioni sporche che non si possono o non si vogliono fare altrove.

Comitato La Piazza della val di Cornia