Testo di Gordiano Lupi, foto di Riccardo Marchionni.
Due pini come fossero un ricordo, tribuna perduta, palazzina stile liberty, mattoncini rossi, pezzi d’un Lego gigante senza fine, lecci e Magonello, dove ancora dribbla nel vento Corradino, verso la curva Tolla di mio padre e di sei pini antichi, altissimi, con la chioma rivolta verso il cielo. E l’impianto d’illuminazione che s’accende, miracolo d’un tempo senza tempo, gravano gli anni su spalle incanutite, era il Settanta, credo, opera d’avanguardia; adesso rischiara una sera prematura che cala sul campo durante la partita, terra rimossa e zolle malandate, dopo notte di pioggia, sogno estinto di remoto prato. Ecco che s’apre la curva dei cipressi e del bocciodromo, senza spettatori, dove qualcuno andava ai tempi di lontanissime partite, anni Cinquanta, serie B che non ho vissuto. La curva senza nome e senza spalti prossima al tennis del Circolo Magona, si ferma davanti al pino in gradinata, rimasto solo dopo le tempeste che hanno abbattuto il suo vecchio compagno, dove vendevano semi e noccioline, caffè e liquori per gente infreddolita. Resta un’umida gradinata, a tramontana, esposta alle intemperie, con una piccola tribuna impalcatura come riparo, eretta (perché mai?) tra quei gradoni bassi e stretti che, senza un motivo, senza un’emozione, rimangono immobili e conservano la storia.