Di Marco Formaioni
Nel 1791, a Venezia, il figlio di Giambattista Tiepolo, Giandomenico, dipinge il quadro “Il mondo novo”. Una folla di curiosi è in fila attorno a un casotto di legno dove si trova un oggetto misterioso. L’oggetto, che non vediamo, è il Mondo Novo, una sorta di lanterna magica dove si possono vedere cose esotiche e sconosciute. La folla variegata è mostrata di spalle in una sorta di soggettiva di chi guarda il quadro. Dipinto dopo la Rivoluzione francese e sei anni prima che Venezia venisse conquistata dagli Austriaci è un grande ed importante punto di vista di un periodo di forti cambiamenti per la città e per il mondo.
Ecco, piace pensare che il quadro sia una bella rappresentazione di una figura fondamentale per tutte le arti e per tutti gli spettacoli, quindi anche per il cinema: la figura dello spettatore. Immaginiamoci una mostra, un allestimento artistico, una sala di teatro o un cinema, ma anche lo spazio davanti ad uno schermo televisivo, completamente vuoti, qualunque cosa succeda in quei luoghi è come se non esistesse, come se non fosse mai stato creato né esistito. Un dramma per artisti ed organizzatori.
Concentriamoci sul cinema e vediamo che fanno, o che non fanno, gli spettatori.
In questi ultimi anni non mancano, oltre al luogo della sala cinematografica dove è nato il cinema, le occasioni per vedere i film (e serie Tv). Piattaforme, streaming e anche mezzi più o meno leciti forniscono quantità enormi di scelta. Ma come scegliamo e come guardiamo?
Riflettiamo sui nostri criteri di scelta, su cosa cerchiamo in un film. Gli attori, il titolo, la storia, la locandina, la lettura di una segnalazione o di una recensione? Forse tutto questo, un’amalgama che ci entra dentro e ci stimola inconsciamente su cosa guardare.
Attori. Sappiamo che il sistema dello star system è funzionale al mercato cinematografico, forse in modo meno “colpevole” di quello che pensiamo. Abbiamo sempre l’esigenza di identificarci con i personaggi dei film, entrare in empatia con le storie in cui riconoscersi, quindi l’attore o l’attrice famoso ci porta dentro il film, perché è un nostro “amico” e le sue gesta e le sue parole diventano le nostre: ci identifichiamo e soffriamo o ridiamo con e per loro. Certo, poi è utile che l’attore o l’attrice sia bello e simpatico, ma non è solo questo per fortuna.
Titoli. La distribuzione italiana è famosa per tradurre, ma soprattuto stravolgere, il titolo originale dei film stranieri. Vengono adattati all’immediato e all’aria che si respira senza preoccuparsi dello spirito del titolo originale. Molti film vengono acciaccati da brutti titoli in italiano, ma che a volte li aiutano, due su tutti: “Dead Poets Society” (La società dei poeti estinti) diventato “L’attimo fuggente” (Peter Weir, 1989), ma anche “Era mio padre” (Sam Mendes, 2002) da “Road to perdition”, ritenuti molto più efficaci.
Un esempio negativo, invece: “Se mi lasci ti cancello” (Michel Gondry, 2004) che ha distrutto il bellissimo originale “Eternal sunshine of a spotless mind” (Infinita letizia della mente candida), viene quasi da piangere a pensarci, il titolo è tratto da un verso della poesia dell’inglese Alexander Pope, “Eloisa to Abelard”, scritta nel 1717. “Se mi lasci ti cancello” pare uscito da un generatore automatico di titoli per stupide commedie sentimentali. E i titoli dei film italiani? Rispecchiano, purtroppo, il basso livello del nostro cinema attuale.
Titoli furbi ed inutili; nomi di donne (ammiccano ad improbabili “storie al femminile”?); titoli lunghi per idee corte e raccogliticce; titoli fatti a titolo… senza averne titolo. Insomma, una lista di titoli con soprattutto film inguardabili dietro. In questi due o tre anni si salvano, tra i pochi altri, due titoli con grandi storie e ben raccontate dove il cinema riesce ad emergere: “Ariaferma” di Leonardo Di Costanzo (2021) e “Il silenzio grande” di Alessandro Gassmann (2021). Stop.
Storie. Un libro: “Story. Contenuti, struttura, stile, principi per la sceneggiatura e per l’arte di scrivere” di Robert McKee (Omero editore, 2010) per capire come si scrive per il cinema e, anche se non è proprio un manuale, è senz’altro utile per imparare a “leggere” i film e come sono scritti. La sceneggiatura, la descrizione dei personaggi (un altro libro: “I personaggi dei film” di Mariapia Comand, Marsilio editore, 2013), l’intreccio delle storie, i dialoghi e le trasposizioni su schermo. È molto utile seguire con estrema attenzione i film per capire che succede e perché, cosa fanno i personaggi e cosa dicono e, su tutto, la messa in scena. Insomma, semplicemente, analizzare i film e con più strumenti a disposizione potremo essere critici e spettatori che sanno scegliere cosa guardare. Difficile? No, occhi aperti e passione, e comunque nessun medico ha mai prescritto di guardare i film…
Locandine. Ci sono manifesti di film che ormai sono diventati vere e proprie icone e che si sono impastati con la nostra cultura visiva. Elenchi? Graduatorie? Esempi? Impossibile: ci sono milioni di bellissime locandine con grandi immagini e titoli diventati marchi. Cito poche locandine ma buone, e soprattutto quelle che hanno formato la mia professione di grafico: “La città delle donne” (Federico Fellini, 1980) con una grandiosa illustrazione di Andrea Pazienza; i lavori di Saul Bass per alcuni film di Alfred Hitchcock (“Vertigo”, 1959; “Psyco”, 1960) e di altri grandi registi come Otto Preminger e Stanley Kubrick. Frugate nella vostra memoria e fate il conto di quante volte avrete ricordato o segnalato un film attraverso il suo manifesto. Da segnalare una recente mostra su Renato Casaro (dal titolo “L’ultimo cartellonista del cinema. Treviso, Roma, Hollywood”) e il suo immenso lavoro di illustratore per tantissimi film italiani e stranieri.
Recensioni. Scrivere recensioni di film prende il nome di critica cinematografica e tale attività, che comprende analisi, racconto e valutazione di un’opera, è talmente importante che viene considerata un vero e proprio genere letterario: quasi una definizione da vocabolario… eppure è proprio così. Sembra che difficilmente i lettori acquistino un libro dopo averne letto la recensione, d’autore o redazionale, eppure per i film pare che sia sostanzialmente vero il contrario. Una buona recensione o anche un’intrigante sinossi danno il là alla visione di un film (al cinema o in Tv) e anche la semplice definizione del genere o il nome dell’attore o attrice, spesso scritto anche troppo in grande, sono d’aiuto al cinema. Ne siamo sempre soddisfatti? Oppure avremmo dovuto dar retta al passaparola e al giudizio di amici, conoscenti o post sui social? Un consiglio: guardatelo comunque un film, perché il vostro giudizio è unico e irripetibile. Inoltre, guardare tanti film aiuta a crearsi un bagaglio critico e aumenta la capacità di scelta. Però, se proprio volete imparare qualcosa preventivamente, potreste leggervi testi sui film (su come si fanno, su come si analizzano…) e, se vi capita, seguire delle lezioni di cinema.
Chiudo senza nessun pistolotto, solo tenete conto del potere che come spettatori vi è stato riservato: fatene buon uso e…buona visione.

