Comunicato stampa.
Renzo Berti, il liberale, l’anarchico, come è il sottotitolo del suo libro autobiografico curato da Ado Grilli, non c’è più. Le sue ceneri sono state deposte al cimitero di Campiglia Marittima, ai piedi della Pieve di San Giovanni, negli ossari riservati alle persone che hanno dato lustro al paese, per la dedizione. Berti era nato a Campiglia Marittima il 22 ottobre 1925 dove è morto il 9 gennaio 2023.
La mattina del 18 gennaio, alla presenza dei familiari, figli e nipoti della sorella, delle persone che che lo assistevano e lo aiutavano in casa e della sindaca Alberta Ticciati, i resti mortali di Renzo Berti sono stati inseriti nell’ossario al cimitero comunale, accompagnati da ricordi e dalla lettura delle parole che saranno incise sulla pietra sepolcrale, a firma della nipote Maria Concetta Terrana: “Quel ramo del lago di Como… tutto a seni e a golfi… dai Promessi Sposi, al cui riguardo Renzo Berti scrisse: è sempre fresco e di bucato, resta intatto a sfidare secoli e forse millenni così sia anche per lui nell’affrettarsi lentamente verso un dolce, eterno riposo”. Chi visiterà la Pieve e le tombe intorno troverà un altro pezzo di storia di Campiglia.
Un personaggio noto e apprezzato. Figura molto conosciuta in paese e nell’ambiente della sanità, per essere stato
dipendente dell’Ospedale di Maremma a Campiglia Marittima, oggi riconvertito in distretto sociosanitario e centro
poliambulatoriale e di riabilitazione. All’Ospedale fu Segretario del Consiglio di Amministrazione fino al 1980, non
era d’accordo con la chiusura dell’ospedale che sarebbe avvenuta di lì a pochi anni e decise, avendone i requisiti, di
andare in pensione.
Chi lo ha conosciuto in quel ruolo di segretario, come Ado Grilli e Gianfranco Benedettini, giovani impiegati dell’ospedale, sottolinea che nel campo amministrativo non aveva pari, conosceva a menadito le leggi ospedaliere, antiche e moderne e i segretari degli altri ospedali addirittura lo temevano, i giovani impiegati non lo temevano, ma nutrivamo una sorta di sudditanza nei suoi confronti “quella – dicono – che ti viene quando
apisci che hai di fronte un ‘monumento’ di cultura e di sapienza legislativa”. “Veramente un grande uomo – si legge nel ricordo di Grilli – coraggioso, coerente e disposto a dare la vita per i propri ideali e per la libertà”.
E’ documentato che un mattino di novembre del 1943, a seguito di un rastrellamento condotto a Campiglia Marittima dalle guardie repubblicane e da soldati tedeschi, Berti fu fermato e portato in caserma. Lì, presenti un ufficiale tedesco e numerosi fascisti, fu interrogato su presunte attività partigiane, venne percosso, arrestato e rinchiuso nella prigione della Casa d’Italia a Piombino dove rimase per dieci giorni, privo di vitto. Fu rilasciato con l’obbligo di rispondere alla chiamata alle armi della propria classe. Arruolato, fu inviato presso una batteria tedesca,
a Guasticce, da dove fuggì nella notte tra l’8 e il 9 gennaio del 1944, insieme al caporalmaggiore Umberto Lencioni, dopo aver trascorso un’intera giornata legato ad un cannone, a seguito del suo rifiuto di prestare giuramento a Hitler.
La lettura e lo studio lo hanno accompagnato fino agli ultimi giorni, leggeva e rileggeva i Promessi Sposi da cui traeva ispirazione per conversazioni filosofiche sempre interessanti. Nel libro curato da Ado Grilli si trova, nel capitolo intitolato con la frase latina di Cicerone – Berti era appassionato cultore del latino – “Mortem expeter provida civium” la filosofia di vita di Berti e anche il suo rapporto con l’idea della morte, una sorta di testamento morale. “Mortem expeter provida civium” cioè senza paura “andare incontro alla morte per la salvezza dei cittadini” chiosata da Renzo Berti con “anche per la salvezza della propria libertà e dei propri ideali”.


